Con il lock down abbiamo capito di essere tutti nella stessa tempesta, ma non sulla stessa barca. Le disuguaglianze sociali hanno allargato il divario tra chi ha case spaziose e chi no, tra chi ha dispositivi nuovissimo per collegarsi a Internet e chi no, tra chi ha capacità e chi no. La stessa cosa vale, su scala molto più estesa, in Medio Oriente.
In parte ne avevamo già parlato con Serena Baldini di Peace Steps lo scorso luglio in una video intervista. Nel frattempo le cose sono cambiate, si è arrivati al vaccino ma la sua gestione he una logistica molto complessa.
Da un lato c’è Israele, che ha comprato dosi di vaccino pagandole 3 volte il prezzo di mercato e verosimilmente entro gennaio vaccinerà il 25% della popolazione. Dall’altro c’è la Palestina, un paese povero, frammentato e che subisce l’occupazione israeliana in alcuni territori.
Proprio su questi 14 organizzazioni internazionali hanno richiesto che Israele garantisse vaccinazioni non sono per i coloni, ma anche per i palestinesi.
Ma noi da Imola cosa possiamo fare?
Nessuno è troppo piccolo per fare la propria parte. Per prima cosa informarsi e tenere alta l’attenzione su questo argomento che è passato in secondo piano, travolto da altre notizie.
Intanto abbiamo raccolto alcuni articoli usciti in questi giorni che aiutano ad inquadrare la situazione.
- Altraeconomia ha indagato la Palestina raccogliendo il punto di vista di una giovane fotografa
- L’ansa ci ricorda quanto sia grave la diffusione del virus in questi territori
- Il Post fa il punto sulla grandissima campagna di vaccinazione di Israele
L’aiuto più concreto che si può fare è sostenere l’economia palestinese grazie al cooperazione internazionale. Altromercato da anni ha avviato collaborazioni non sempre facili in questi territori e ha puntato sui prodotti tipici di questo territorio:
- cous cous
- datteri
- mandorle.
Il settore agricolo (intorno al 20% dell’economia palestinese) è di importanza fondamentale perché occupa parte della forza lavoro formale e informale, gli espulsi da Israele possono tornare a lavorare la loro terra, garantisce la sicurezza alimentare ed è associato all’accesso alle risorse di base
Il progetto per l’esportazione
Se già in tempi normali la logistica era molto complessa, adesso ovviamente lo è ancora di più. Per rendere la missione economicamente sostenibile Altromercato ha avviato una campagna nazionale con cui dobbiamo arrivare a dei minimi d’ordine:
- 1500 kg di mandorle
- 3000 kg di cous cous! (minimo di produzione)
Riguardo i datteri Bio, non ci sono minimi d’ordine, ma ovviamente se non ci sono questi minimi d’ordine non sarà possibile fare partire l’intera operazione.
La consegna della merce è prevista intorno a fine marzo, per cui se vuoi aderire non ti resta che compilare questo modulo o chiamare in bottega.